Un soggiorno nella storia e nella natura della Penisola Sorrentina, il paradiso dei sub e degli amanti del mare

 

- Il mondo degli Spirografi

Gli spirografi  (sabella spallanzanii), tipici del bacino mediterraneo, sono sicuramente soggetti particolarmente coreografici. Dalle “nostre” parti, ossia in costiera amalfitana e sorrentina, rappresentano un soggetto piuttosto comune e particolarmente ricercato dagli appassionati di riprese.

Sorprende, in genere, la loro natura biologica. Per i non addetti ai lavori il sapere che non si tratta di “fiori”, ma di animali, stupisce. Meraviglia non poco, poi, apprendere addirittura che sono dei “vermi”, epiteto naturalmente non associato al concetto di eleganza, invece connaturata caratteristica degli spirografi.

Interessante è anche la biologia degli spirografi: il verme  presenta una foltissima serie di piume, a mo’ di uccello, (corona tentacolare – foto 1) il cui colore varia dal beige, al bianco candido, più raro (foto 2), allo screziato di toni e sfumature (foto 3). Con le stesse, che volteggiano nella corrente l’animale cattura il plancton, suo cibo fondamentale. Le piccole particelle vengono poi fatte scivolare, proprio come se fossero su un nastro trasportatore, per essere convogliate verso l’apparato boccale (foto 4) che si trova al centro di congiunzione del piumaggio.
Ciò spiega la frequente presenza di spirografi in parete e sulle orlate (foto 5), ove la corrente è più forte. Per il fotografo le occasioni offerte dalla presenza contemporanea degli spirografi ed altri soggetti tipici del coralligeno, come le gorgonie (foto 6) sono impedibili. Altrettanto dicasi per quanto riguarda quelle occasioni, molto rare, in cui intere colonie dei policheti si aggregano su cime di ormeggio o di galleggianti (foto 7). Normalmente ciò avviene nelle vicinanze dei porti, ove il nutrimento risulta più abbondante. Fino a qualche tempo fa a qualche centinaio di metri dalla Marina Grande di Sorrento c’erano un paio di queste cime, letteralmente tappezzate da tantissimi esemplari. 
La successiva ingestione del cibo lo porta nel tubo chitinoso, ove viene digerito. Come spesso capita in natura, il tubo, di gran lunga la parte meno appariscente dell’animale, svolge funzioni essenziali per la vita di quest’ultimo. Infatti tramite lo stesso, fisso sul substrato bentonico, lo spirografo si assicura stabilità e, soprattutto, riparo da eventuali aggressioni. Capita spesso, infatti, che l’animale, spaventato dall’avvicinamento di  soggetti estranei, si ritiri repentinamente all’interno del tubo. In verità non risulta che abbia nemici naturali  in quanto, peraltro, le sue dimensioni relativamente notevoli rispetto a suoi consimili gli permettono una vita tranquilla.  Si pensa, pertanto, che il ritiro dell’animale sia causato non tanto dall’avvicinamento di altri soggetti, ma dalle variazioni repentine dell’intensità luminosa, in quanto lo spirografo presenta dei foto sensori alla base delle braccia piumate.  Solo così si spiega il frequente “utilizzo” quasi parassitario del tubo da parte di molti animali quali l’ippocampo, i paguri e le claveline, che, evidentemente, sfruttano l’appiglio per procurarsi le particelle di plancton catturate ma sfuggite all’ingestione.

Potrà sorprendere come in questo mondo, pieno di stranezze, animali molto simili agli spirografi, quali i cerianti (foto 8) pur presentando aspetti biologici molto simili (presenza del tubo membraceo, chiusura all’interno di esso in caso di paventato pericolo) appartengano invece a tutt’altro genere, quello dei celenterati antozoi, ossia, letteralmente gli “animali simili a fiori”, proprio come le corolle piumate dei policheti…Non c’è che dire: il mare talvolta è proprio come un prato fiorito, e laggiù c’è da imparare e da stupirsi sempre!

Enzo Troisi

 
     
 

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